Militari stupratori. Vernice rosa e scritte alla scuola di applicazioni militari di Torino

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“I militari stuprano. L’Aquila non si dimentica. Tuccia stupratore, Valentini il suo difensore.”
“Se toccano una, toccano tutte, la solidarietà è la nostra arma.”
Nella notte tra il 17 e il 18 novembre manifesti con queste scritte sono stati affissi sui muri delle Scuola di Applicazioni militari di corso Galileo Ferraris di Torino. Accanto è stata tracciata la scritta “militari stupratori”: una secchiata di vernice rosa ha coperto parte dell’insegna.
Un’azione di solidarietà con le donne sotto processo a L’Aquila, per aver espresso solidarietà attiva a Rosa, stuprata e quasi uccisa da Tuccia, militare dell’operazione strade sicure.
Le immagini dell’azione e il comunicato sono state pubblicate su Indymedia
Cosa è successo?
Siamo all’Aquila. Sono trascorsi tre anni dal terremoto che ha devastato la città a fatto tanti morti. Il governo Berlusconi decise che l’Aquila divenisse laboratorio di sperimentazione di strategie di controllo di una popolazione, piegata dal terremoto ed obbligata a scegliere tra la (auto)deportazione sulla costa e i campi tende militarizzati.
Il centro città è ancora un cumulo di macerie, i campi tende hanno ceduto il posto a container e alla New Town, fatta di cemento e sputo, che ha arricchito i palazzinari senza ricostruire la città.
Per l’operazione “strade sicure” partita nel 2008 in risposta all’ennesimo allarme “sicurezza”, anche per le strade dell’Aquila è presente un robusto contingente di militari.
La notte del 12 febbraio del 2012 fa molto freddo. Siamo in montagna e la neve è alta.
Rosa viene trovata mezza nuda, esanime in un lago di sangue ed in grave stato di ipotermia. Solo pochi minuti e sarebbe morta.
Sono le quattro. Rosa aveva trascorso la serata in una discoteca a Pizzoli, dove non c’erano tante persone se non i militari di “strade sicure”.
In seguito Rosa ricorderà solo che si trovava al guardaroba a parlare con la sua amica. Si risveglierà in sala operatoria. Lo stupro è evidente e anche la brutalità con la quale è stato commesso.
48 punti per ricostruire vagina e apparato digerente devastati dalla violenza.
Il militare del 33° reggimento artiglieria Aqui dell’Aquila Francesco Tuccia, difeso dagli avvocati Antonio Valentini e Alberico Villani, sarà l’unico indagato e condannato per i fatti.
Il dibattimento processuale, il racconto dei media, ci dimostra che una cultura di complicità e legittimazione dello stupro, della violenza maschile sulle donne permea ancora profondamente il nostro paese. Specie quando gli stupratori indossano una divisa.
Al processo, nonostante la terribile violenza, l’avvocato Valentini sostenne che Rosa era stata consenziente.
Una violenza, se possibile, peggiore di quella che le aveva lacerato le carni, facendola quasi morire.
La solidarietà femminista ha fatto sì che la storia di Rosa non passasse inosservata.
Le donne che hanno seguito il processo, che informato su quello che accadeva, rimanendo vicine a Rosa, si sono attirate l’ostilità di militari e avvocati difensori.
Venerdì 18 novembre all’Aquila si è aperto un altro processo. Questa volta alla sbarra erano due donne della Rete di solidarietà femminista, che avevano partecipato alla campagna di solidarietà con Rosa.
Ad accusarle c’è l’avvocato Valentini, uno dei difensori dello stupratore Tuccia.
La loro colpa?
Aver diffuso una lettera, nella quale veniva descritta la condotta processuale di Valentini, che, nel novembre del 2015, era stato invitato ad un convegno alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, un luogo simbolo dei percorsi di libertà delle donne.
Un convegno al quale non ha mai partecipato, perché, dopo la campagna , le donne della Casa hanno deciso di chiudergli la porta in faccia.
Valentini, pronto a presentarsi alle prossime elezioni, ha reagito denunciando per “diffamazione aggravata” le due donne.
Le due compagne sono state perquisite, private delle proprie apparecchiature elettroniche di uso quotidiano (cellulari, computer, tablet) per aver diffuso una mail che ribadiva l’atteggiamento provocatorio e sprezzante del difensore di Tuccia nei confronti di Rosa, dove si ricostruiva il clima morboso e pesante di un agghiacciante processo per stupro. In quella lettera era scritto chiaro che la responsabilità di quello stupro era anche dello Stato che aveva trattato le vittime del terremoto come problema di ordine pubblico.
All’Aquila, come in ogni dove, i militari fanno la guerra alla popolazione civile. E stuprano.
tratto da Anarres

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